NON E’
TROPPO TARDI
Di Lelio Basso
25 APRILE: sono passati trentatre anni dal giorno in cui. sotto la spinta congiunta degli eserciti alleati e dell'insurrezione popolare, l’ esercito d'occupazione nazista capitolava e il popolo italiano poteva finalmente salutare l'alba del nuovo giorno. Quanto diverso esso sia poi stato dalle speranze che avevamo nutrito, e che almeno in parte abbiamo consacrato nella costituzione, è sotto gli occhi di tutti.
A
distanza di 33 anni - un terzo di secolo! - tre mi
sembrano gli aspetti dominanti della
nostra scena politica. Nello sfondo
la progressiva disintegrazione di tutta
la vita pubblica, tanto nel suo momento
statale quanto in quello sociale, la crisi
dei valori fondamentali della civiltà, una situazione drammatica, sull'orlo dell'abisso, che solo in parte è da ricondurre alla crisi generale che
colpisce tutta la civiltà contemporanea, e in parte
invece è conseguenza
delle scelte fatte
dalla nostra classe dirigente nel corso di questi decenni.
Più
avanti sulla scena, il grande fatto nuovo della vita politica italiana: l'ingresso del Pci nella maggioranza e l'accordo di governo Dc-Psdi-Pri-Psi-Pci. Tutti abbiamo presente quanti sforzi, quanta pazienza, quante
sottili manovre, quanta fantasia anche nell'immaginazione delle formule è costata quest'operazione al suo artefice principale, Aldo Moro. Se l'accordo risultasse duraturo,
meriterebbe un posto nella storia
della vita politica italiana ancor più
significativo del famoso connubio
Cavour-Rattazzi. Ma fino a questo
momento è difficile dire se diventerà
un accordo “storico”, come lo chiedono insistentemente i comunisti, o se sarà soltanto una risposta alla situazione di emergenza, come se lo augura larga parte - credo la
maggioranza - della Dc. In ogni caso, sia che lo si concepisse duraturo sia che lo si concepisse provvisorio, era un tentativo di porre rimedio alle crepe più gravi dell’edificio, anche se non si cominciava
ancora a rimontare la china.
Ma
era un tentativo che arrivava molto in ritardo sugli sviluppi della crisi sociale, politica, morale in atto. I frutti avvelenati della situazione erano ormai maturi, e il rapimento di Moro, proprio di colui che aveva condotto l'operazione, era una nuova forma di risposta, una risposta che era una rivolta tanto contro il trentennio precedente quanto contro il rimedio
escogitato. Factum infectum fieri nequit. Non
si può fare che ciò che è accaduto
non sia accaduto, ma quel che si potrebbe e anzi si dovrebbe fare è di apprendere la lezione dei fatti. Purtroppo non pare che la nostra classe dirigente sia
pronta a imparare. Una buona parte di
essa non sa vedere le proprie responsabilità nell'accaduto, non si rende conto
che le Brigate rosse non sono piovute dal cielo e non rappresentano
un'esplosione di delinquenza improvvisa, ma sono le figlie di una situazione che altre scelte di governo avrebbero
potuto evitare. Anzi, vi si trova un pretesto per accentuare i difetti: questo stato, che non ha saputo compiere la rivoluzione antifascista, che non ha saputo assimilare lo spirito democratico della costituzione, che si è tenuto aggrappato alle vecchie leggi, ai vecchi criteri, ai vecchi istituti, e, soprattutto, alla vecchia mentalità, è in fondo lieto di avere un'ottima giustificazione per annullare alcune
conquiste democratiche, per ristabilire
norme e strumenti repressivi, anzi addirittura
per inventarne di nuovi, senza che si
veda alcun segno di voler avviare un
processo di bonifica, non attraverso semplici provvedimenti di polizia ma attraverso una profonda riforma politica sociale e civile.
E'
troppo tardi? Siamo già alle soglie di una guerra civile? Può darsi che lo siamo, ma proprio per questo
non è troppo tardi per riunire tutti i democratici di buona volontà non allo scopo di puntellare un mondo in
rovina, ma per erigere finalmente
l'edificio sano della democrazia italiana, che è stata ancora una volta soffocata
sul nascere trentatre anni or sono.
L'invito
che un vecchio antifascista
e resistente crede di poter rivolgere
in queste giornate agli italiani che amano il loro paese è quello di richiamarsi nuovamente agli autentici valori
della Resistenza, allo spirito democratico della Costituzione non solo per far fronte ai pericoli
immediati, ma per guardare una buona
volta al futuro, per avere il coraggio, anche nel buio che stiamo attraversando, di porre i mattoni dell'edificio democratico. Come ho detto altre volte, noi apparteniamo a coloro che non hanno bisogno di attendere che il
sole sorga per credere alla luce. E quando è più fonda la notte, sappiamo che l'alba è vicina.